Indicazioni utili da sapere per l'Esercizio della Professione

Principali norme di Interesse medico-legale

… dal CODICE CIVILE

Art. 5 – (Atti di disposizione del proprio corpo). Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume.

Art.2233 – Compenso – Il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice, sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene. In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.

Art. 2236 – (Responsabilità del prestatore d’opera). Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave.

…dal CODICE DI PROCEDURA PENALE

Art. 200 Segreto professionale

1. Non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria (331,334): • i ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano; • gli avvocati, i procuratori legali, i consulenti tecnici e i notai; • i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria; • gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre determinata dal segreto professionale [256 c.2,271 ] (1 ).

2. Il giudice, se ha motivo di dubitare che la dichiarazione resa da tali persone per esimersi dal deporre sia infondata, provvede agli accertamenti, necessari. Se risulta infondata, ordina che il testimone deponga.

3. Le disposizioni previste dai commi 1 e 2 si applicano ai giornalisti professionisti iscritti nell’albo professionale, relativamente ai nomi delle persone dalle quali i medesimi hanno avuto notizie di carattere fiduciario nell’esercizio della loro professione. Tuttavia se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può essere accertata solo attraverso l’identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni [195 c. 7]. “I dipendenti del servizio pubblico per le tossicodipendenze non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione della propria professione, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità. Agli stessi si applicano le disposizioni dell’articolo 200 del codice di procedura penale in quanto applicabili. La presente norma si applica anche a coloro che operano presso gli enti, centri, associazioni o gruppi che hanno stipulato le convenzioni di cui all’articolo 117” (Art. 120 comma D.P.R. 9-10-90 n. 309).

Art. 334 – (Referto).

1. Chi ha l’obbligo del referto [c.p. 365] deve farlo pervenire entro quarantotto ore o, se vi è pericolo nel ritardo, immediatamente al pubblico ministero o a qualsiasi ufficiale di polizia giudiziaria del luogo in cui ha prestato la propria opera o assistenza ovvero, in loro mancanza, all’ufficiale di polizia giudiziaria più vicino.

2. Il referto indica la persona alla quale è stata prestata assistenza e, se è possibile, le sue generalità, il luogo dove si trova attualmente e quanto altro valga a identificarla nonché il luogo, il tempo e le altre circostanze dell’intervento; dà inoltre le notizie che servono a stabilire le circostanze del fatto, i mezzi con i quali è stato commesso e gli effetti che ha causato o può causare.

3. Se più persone hanno prestato la loro assistenza nella medesima occasione, sono tutte obbligate al referto, con facoltà di redigere e sottoscrivere un unico atto.

…dal CODICE PENALE

Art. 40 – (Rapporto di causalità). Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione. Non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

Art. 41 – (Concorso di cause). Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione e l’evento. Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento. In tal caso, se l’azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita. Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.

Art. 42 – (Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità obiettiva). Nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà. Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge. La legge determina i casi nei quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come conseguenza della sua azione od omissione. Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.

Art. 43 – (Elemento psicologico del reato). Il delitto: è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione; è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente; è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo per i delitti, si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico.

Art. 50 – (Consenso dell’avente diritto). Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne.

Art. 51 – (Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere). L’esercizio di un diritto o l’ adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità. Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell’Autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l’ordine. Risponde del reato altresì chi ha eseguito l’ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo. Non è punibile chi esegue l’ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine.

Art. 54 – (Stato di necessità). Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo. La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall’altrui minaccia, ma, in tal caso del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ ha costretto a commetterlo.

Art. 326 – (Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio). Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbono rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno. Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale i1legittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.

Art. 328 – (Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione). Il pubblico ufficiale, o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che enti-o trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a lire due milioni. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.

Art. 357 – (Nozione del pubblico ufficiale). Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giurisdizionale o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione e dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi e certificativi.

Art. 358 – (Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio). Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale.

Art. 359 – (Persone esercenti un servizio di pubblica necessità). Agli effetti della legge penale, sono persone che esercitano un servizio di pubblica necessità: 1. i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando dell’opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi; 2. i privati che, non esercitando una pubblica funzione, né prestando un pubblico servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della pubblica Amministrazione.

Art. 361 – (Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale). Il pubblico ufficiale. il quale ometta o ritarda di denunciare all’Autorità giudiziaria, o ad un’altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito con la multa da lire sessantamila a un milione. La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto. Le disposizioni precedenti non si applicano se tratta di delitto punibile a querela della persona offesa.

Art. 362 – (Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio). L’incaricato di un pubblico servizio, che omette o ritarda di denunciare all’Autorità indicata nell’articolo precedente un reato dei quale abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa del servizio, è punito con la multa fino a lire duecentomila. Tale disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile a querela della persona offesa né si applica ai responsabili delle comunità terapeutiche socio-riabilitative per fatti commessi da persone tossicodipendenti affidate per l’esecuzione dei programma definito da un servizio pubblico.

Art. 365 – (Omissione di referto). Chiunque, avendo nell’esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza ed opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto pel quale si debba procedere d’ufficio (334 C.P.P.), omette o ritarda di riferire all’Autorità indicata nell’art. 361, è punito con la multa fino a lire un milione. Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale (384).

Art. 443 – (Commercio o somministrazione di medicinali guasti). Chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire duecentomila.

Art. 445 – (Somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica). Chiunque, esercitando, anche abusivamente, il commercio di sostanze medicinali, le somministra in specie, qualità o quantità non corrispondente alle ordinazioni mediche, o diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire duecentomila a due milioni.

Art. 452 – (Delitti colposi contro la salute pubblica). Chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preceduti dagli articoli 438 e 439 è punito: 1. con la reclusione da tre a dodici anni, nel casi per i quali le dette disposizioni stabiliscono la pena di morte; 2. con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono l’ergastolo; 3. con la reclusione da sei mesi a tre anni, nel caso in cui l’articolo 439 stabilisce la pena della reclusione. Quando sia commesso per colpa alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 440, 441, 442, 443, 444 e 445 si applicano le pene ivi rispettivamente stabilite ridotte da un terzo a un sesto.

Art. 479 – (Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici). Il pubblico ufficiale, che ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell’articolo 476.

Art. 481 – (Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità). Chiunque, nell’esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità, attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire centomila a un milione. Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro.

Art. 493 – (Falsità commesse da pubblici impiegati incaricati di un servizio pubblico). Le disposizioni degli articoli precedenti sulle falsità commesse da pubblici ufficiali si applicano altresì agli impiegati dello Stato, o di un altro che pubblico, incaricati di un pubblico servizio, relativamente agli atti che essi redigono nell’esercizio delle loro attribuzioni.

Art. 581 – (Percosse). Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a quercia della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire seicentomila. Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza cotone elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato.

Art. 582 – (Lesione personale). Chiunque cagiona ad alcuno un lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni. Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dagli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell’ultima parte dell’articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Art. 583 – (Circostanze aggravanti). La lesione personale è grave, e si applica la reclusione da tre a sette anni: 1. se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un’ incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni; 2. se il fatto produce l’indebolimento permanente di un senso o di un Organo; 3. se la persona offesa è una donna incinta e dal fatto deriva l’acceleramento del parto. La lesione personale è gravissima e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva: 1. una malattia certamente o probabilmente insanabile; 2. la perdita di un senso; 3. la perdita di un arto, una mutilazione che renda l’arto inservibile. ovvero la perdita dell’uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella; 4. la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso. 5. l’aborto della persona offesa.

Art. 589 – (Omicidio colposo). Chiunque cagiona, per colpa, la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da uno a cinque anni. Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni dodici.

Art. 590 – (Lesioni personali colpose). Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a lire seicentomila. Se la lesione è grave, la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da lire duecentoquarantamila a un milione e duecentomila; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da lire seicentomila a due milioni e quattrocentomila. Se i fatti di cui al precedente capoverso sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da due a sei mesi o della multa da lire quattrocentottantamila a un milione e duecentomila; e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da sei mesi a due anni o della multa da lire un milione e duecentomila a due milioni e quattrocentomila. Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque. Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazioni delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.

Art. 593 – (Omissione di soccorso). Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un’altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all’Autorità è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a lire seicentomila. Alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato avviso all’Autorità. Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale la pena è aumentata; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata.

Art. 622 – (Rivelazione di segreto professionale). Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire sessantamila a un milione. Il delitto è punibile a querela della persona offesa

Articoli della COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA che tutelano il diritto alla salute

Art. 2 – La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3 – Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 32 – La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Art. 38 – Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale. Al compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L’assistenza privata è libera.